Blogger Corner – Blogger on Pole

 

11 Giugno 2018

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Innanzitutto grazie per il riscontro sul primo articolo e sono davvero lieta di vedere che l’iniziativa è piaciuta. Cosi ecco come promesso il secondo articolo della serie Blogger Corner.

Blogger Corner – KatebeautyCase

Sono felicissima di presentare Carolina di Blogger on Pole (Ancora non la conoscete? Beh credetemi è una fonte di ispirazione e una forza che posso solo ammirare).

Io e lei abbiamo moltissimo in comune e lo dice espressamente nell’articolo. Entrambe sarde, entrambe Londinesi d’ Azione, Entrambe Pole Dancers ( ma di certo tu sei bravissima, io sembro più un sacco di patate, ma va bene lo stesso!), Entrambe Blogger, Entrambe Ambiziose, Determinate, Piene di Energia, Amanti della Sfida, Entrambe con una storia da raccontare e la sua non è da invidiare, ma da ammirare e soprattutto da “congratulare” per tutti i suoi achievements.

Per l’articolo abbiamo pensato di scrivere sulla sua esperienza da Blogger a Londra e ha davvero tanti spunti di riflessione.

Enjoy!

 

Fare la blogger da italiana a Londra: ansie, esperienze e consigli di Blogger On Pole

 

Prima di fare danni mi presento: sono Carolina di Blogger On Pole, non Bellezza in the City. La blogger che di solito leggete mi ha dato la possibilità di scrivere un post sul suo sito, e io ho accettato perché mi fa piacere collaborare con un’altra sarda a Londra, che poi fa pure la pole dancer. Quindi siete stati avvisati: ogni strafalcione d’ora in poi è mio, non suo.

 

Premessa

 

Bellezza in the City mi ha dato carta bianca sull’argomento di questo post, e io ho pensato di raccontarvi come sono diventata una blogger a Londra, perchè me lo hanno chiesto in tanti. Spero di non farvi cambiare idea. Se state pensando questo…  

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…cambiate canale.

 

London’s Calling – Londra Chiama

 

Nel lontano Settembre del 2011, alla tenera età di 18 anni, iniziai una laurea triennale in Giornalismo alla City University di Londra. I professori ci avevano incoraggiati, ancora prima d’iniziare, a cercare qualche stage nei giornali locali, o in qualche piccola rete televisiva e radiofonica. Inutile a dirsi che in Sardegna la cosa non si usava, mentre i miei colleghi inglesi sveglissimi sciorinavano storie sulle loro esperienze lavorative alla BBC di Sheffield o al Daily Express nel gruppo Facebook creato appositamente dall’università per i ragazzi della nostra futura classe.

 

Alla mia reazione iniziale (“Oh cazzo! E io che faccio?”) seguì un rimboccarsi di maniche: mi metto in proprio, ecco che faccio. Vi parlo dell’era giurassica dei blog, quando ancora si pensava che Twitter avrebbe salvato il mondo meglio di Sailor Moon e i giornalisti deridevano i blogger come dei perditempo inaffidabili. I miei professori però insistevano che, in mancanza di intestazioni sui giornali, un blog era almeno un principio di portfolio.

 

Così io, da brava bimbaminkia metallara/post-punk, fondai un blog chiamato “London’s Calling – Londra Chiama” con poca fantasia e tante speranze di aiutare gli studenti italiani a far domanda alle università d’oltremanica. Era il mio primo blog, scritto interamente in italiano, con foto scattate (male) con l’iPhone 4. Non sprecate tempo a cercarlo – è ormai defunto. E meno male! Soprattutto i primi due anni di quel blog sono una successione di racconti di cazzi miei (della serie “Faccio colazione al Breakfast Club” – non capivo niente – o “Compro il pane al Chapel Market”) scritti in modo poco interessante. Ora continuo a parlare di cazzi miei, ma parlo di culi, sesso, pole dance e di quanto sono matta quindi ho più lettori.

 

Il terzo anno da editor di London’s Calling finalmente mi son svegliata. Grazie ad un articolo di reazione ad una critica degli Italiani all’estero pubblicato da Il Fatto Quotidiano, e a un progetto universitario sui ristoranti temporanei, ammassai un piccolo following su Facebook e Twitter, cominciai a guadagnare qualche sterlina con le pubblicità sul blog e alcuni ristoranti cominciarono a offrirmi cocktail ‘aggratis’.

 

Couchsurfer Reviews e altri articoli

 

Nonostante le piccole soddisfazioni, London’s Calling iniziava a darmi dei problemi. Avevo fatto la guest blogger per Cosmopolitan UK e altri siti, ma volevo uno spazio tutto mio per scrivere in inglese, la mia lingua di tutti i giorni almeno da tre anni.

 

In più, un sito di consigli significa che i consigli li devi dare, e a volte le domande erano pertinenti (“Meglio il FIRST Certificate o l’IELTS?”), ma più spesso esistenziali (“Secnd te dv fare l’università? Boh. Nn s’hò. K grazie TVB” #nonsontuamamma e ripeti la prima elementare, che è meglio).

 

Fatto sta che, per fuggire da un ex violento e per coronare il sogno di una vita, da laureata passai l’autunno 2014 a fare Couchsurfing da sola negli Stati Uniti, dormendo gratis sui divani di gentilissimi estranei. Non potevo seguire London’s Calling dagli States, e amici e parenti mi pregavano di tenerli aggiornati sulla mia imminente morte/rapimento/sparizione, quindi trasformai il mio blog in Couchsurfer Reviews, dove scrivevo di viaggi e recensioni in italiano e in inglese.

 

Scrivere in Italiano vs Scrivere in Inglese

 

Al ritorno divenne ovvio che m’ero stancata di scrivere lo stesso post in due lingue diverse. Diventava inevitabilmente un gioco di traduzione che mi rubava tempo e non mi divertiva più.

 

Cominciavo poi a trovare il mio italiano molto scolastico, impettito, noioso, privo del pepe e del dinamismo datomi dall’inglese. Me ne resi conto già in America, quando buttai già la prima stesura del mio romanzo Bad/Tender, una versione imbruttita della mia relazione violenta scarabocchiata su quadernetti di notte o durante i viaggi a scopo terapeutico. Non riuscivo a scrivere di sesso in italiano senza sentirlo volgare, trash, sporco. Mi sentivo come la protagonista della saga de L’Amica Geniale di Elena Ferrante, accusata dall’amica di aver scritto un libro “brutto, brutto, brutto” con espressioni lontane da lei, scritte per far parlare. In inglese, tutto invece sembrava normale. Forse a scrivere in italiano ero io bambina, mentre l’inglese aiutava la me adulta, sbagliata, imperfetta ma vera ad esprimersi meglio. Ora Bad/Tender è stato pubblicato, e lo potete comprare qui su Amazon.

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Così lasciai Couchsurfer Reviews in inglese, iniziando a lavorare con più bar, ristoranti e alberghi. Nel frattempo iniziai anche a collaborare con Italian Kingdom, un sito per Italiani a Londra che mi diede una rubrica per le mie recensioni scritte in modo diverso, sito ora parcheggiato dai capi per mancanza di tempo.

 

Blogger On Pole

 

Finita la triennale e i viaggi, capii che il giornalismo era una professione troppo incerta per una ansiosa come me, e che mi andava di scrivere coi miei toni, su argomenti scelti da me. Cominciai a lavorare in pubbliche relazioni, contattando giornalisti perché scrivessero dei miei clienti. Grazie ai contatti lavorativi, iniziai a fare la blogger per l’Huffington Post UK, trascurando il mio blog, stanca della sua impronta da viaggiatrice a basso costo.

 

Fu a Sydney, in Australia, dove mi ero trasferita nel 2016 per un master in Criminologia, che mi appassionai alla pole dance. Mi sentivo sola, non conoscevo nessuno, e pole mi ricordava la ginnastica artistica, lo sport che avevo amato da bambina per le sue acrobazie pericolose.

 

Col tempo, la pole dance mi ha spinto a pensare a me, al mio corpo, al sesso e altre cose che ritenevo importanti in modo diverso. Ecco perché ho fatto al mio blog un cambiamento d’immagine e perché vi spacco le palle coi miei video e le foto del culo su Instagram.

 

Vita da Blogger: Aspettative vs Realtà

 

Se mi seguivate su Instagram e pensavate che fossi ricca per le foto dei viaggi a Singapore, Bali, e Hong Kong, o per le cene a sei portate, mi spiace deludervi: faccio due lavori, l’università mi ha dato una borsa di studio che mi rende esente dal pagamento delle tasse universitarie e tutto il resto è un hobby o un regalo in cambio di una recensione.

 

Per la maggior parte delle blogger londinesi la vita è così. Alcune amiche che lo fanno full-time agonizzano alla fine del mese aspettando i pagamenti dei clienti ritardatari per pagare l’affitto. La Ferragni si becca tante critiche, ma nel mondo delle blogger una che vive di scrittura e foto è un unicorno: non esiste, o quasi. Beata lei.

 

Arrivare ad un blog che funziona prende tempo, fatica e soldi: la versione un po’ più carina di WordPress (o un graphic designer se WordPress, Wix o Blogger non vi piacciono) costa; costano le foto fatte bene; costano le cene quando i rappresentanti dei ristoranti non ve le danno gratis (il che capita più spesso di quello che sembra).

 

Tutto questo casco per dirvi che fare la blogger, come tutto, ha momenti belli, momenti di scazzo, momenti di ansia e che, se avete perso tempo a leggermi, sappiate che per scrivere mi faccio tante di quelle seghe mentali che WordPress costa meno della terapia. Se lo faccio io quindi, lo possono fare tutti. Buona fortuna!

 

Ti ringrazio Carolina per aver scritto l’articolo, mi piace il tuo stile, il tuo modo di esprimerti, il tuo realismo.

Keep up the fight!

 

Ciao Stelline alla prossima e grazie per aver letto l’articolo e non dimenticatevi di seguire Carolina nelle sue avventure da pole dancers nel suo blog e su Instagram!

Se volete essere un mio guest/ospite nel Blogger Corner, fatemi sapere e scrivetemi a bellezzainthecity@gmail.com saro’ lieta di avervi come Guests!!!

Laura

 

4 thoughts on “Blogger Corner – Blogger on Pole

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